Decarbonizzazione e neutralità climatica entro il 2050: come è ormai noto sono due gli obiettivi fondamentali su cui poggia l’ambiziosa politica definita dall’Unione Europea con il piano Green Deal.
Un percorso complesso, che mette sempre più in evidenza l’impellente necessità, per poterlo rispettare, di trasformare radicalmente il sistema energetico europeo, investendo in un mix diversificato di tecnologie e fonti alternative.
In questo scenario, l’Idrogeno pulito sta acquisendo un ruolo centrale nelle scelte strategiche di investimento dell’Europa e dei Governi che vedono in tale tecnologia un valido alleato, sia in ambito industriale che residenziale, per accelerare il processo di transizione energetica e attuare quella svolta green, tanto attesa, che salverà il Pianeta.
Ecco, dunque, che iniziano sperimentazioni, si sviluppano nuove tecnologie Hydrogen Ready, si pianificano risorse per l’implementazione di progetti speciali, tavoli di discussione e alleanze: ma qual è, ad oggi, lo stato dell’arte dell’Idrogeno dal punto di vista normativo, tecnologico e di impatto sull’intera filiera distributiva? Quali le sfide e le opportunità?
Cerchiamo di delinearne un quadro completo attraverso un’intervista a Federica Sabbati, Segretario Generale dell’Ehi, European Heating Industry - Associazione europea che riunisce le maggiori industrie e associazioni del riscaldamento - e Coordinatrice del tavolo “Clean hydrogen for buildings”, sesto pillar dell’European Clean Hydrogen Alliance.
1. Dott.ssa Sabbati, quali segnali di cambiamento si aspetta, a livello di legislazione europea, nei prossimi anni per rispondere ai cambiamenti climatici?
“Le indicazioni comunitarie sono molto chiare: l’economia europea deve tagliare le emissioni di CO2 del 55% entro il 2030 e arrivare alla cosiddetta ‘neutralità climatica’ entro il 2050. I settori, come l’Industria, la produzione energetica e la mobilità, da alcuni anni oggetto della legislazione europea, sono chiamati a contribuire attivamente al raggiungimento di questi obiettivi.
Recentemente anche il comparto dell’edilizia, responsabile di quasi la metà del consumo energetico totale in Europa e di circa il 36% delle emissioni di CO2 in atmosfera, ha richiamato l’attenzione del legislatore che ne ha, a ben vedere, riconosciuto un ruolo chiave nel raggiungimento dei target climatici fissati.
Altrettanto chiara, oltre alla definizione degli obiettivi, appare la strada suggerita sul come raggiungerli: accelerazione sull’efficienza energetica e soprattutto sull’uso di rinnovabili per il riscaldamento, con una forte spinta verso l’elettrificazione attraverso la massiccia adozione di tecnologie quali le pompe di calore.
Ci sono, infine, diversi strumenti che l’UE sta elaborando e mettendo a punto, inclusa una legislazione più stringente sul tema dell’efficienza energetica e delle emissioni di CO2 dei sistemi di riscaldamento tramite lo strumento dell’Ecodesign. Inoltre, è previsto un declassamento degli impianti a gas naturale e gasolio sull’Etichetta energetica: una recente proposta della Commissione Europea che farebbe passare le caldaie a condensazione dalla Classe A alla F.
2. L’obiettivo della decarbonizzazione del settore riscaldamento residenziale entro il 2050 significa necessariamente la riconversione dai generatori termici basati sui combustibili fossili ai generatori termici a base elettrica? Se così fosse, le reti elettriche saranno in grado di sostenere questa transizione?
“Il nostro settore ritiene che l’approccio migliore per una decarbonizzazione efficace, efficiente, che renda altresì l’utente finale parte attiva della transizione, passi attraverso molteplici soluzioni tecnologiche: i sistemi a base elettrica sono, oggi, tra i più performanti sul mercato e quindi dovranno crescere, specie negli edifici con livelli di isolamento termico alti (ricordandoci che la produzione elettrica in Europa attualmente è ancora lontana dall’essere ‘verde’).
Una nostra recente analisi, sulle barriere che impediscono un più ampio uso delle pompe di calore, ci indica che è legata alla difficoltà di gestione dei picchi di domanda di energia a livello stagionale e giornaliero, tipici dell’attività di riscaldamento. Sia la transizione che la stabilizzazione della domanda di energia elettrica dall’edilizia, dunque, rappresentano due challenge da gestire.
Al contrario, un mix energetico, e quindi tecnologico, più ampio (elettrico, gas ‘verde’- idrogeno, biofuels, biomassa, solare, ecc), risponde meglio alla configurazione del nostro sistema futuro e alla varietà di tecnologie per il riscaldamento utilizzate nelle diverse tipologie di edilizia in Europa.”
3. Qual è il ruolo dell’idrogeno in questo scenario e quali opportunità può portare sia a livello residenziale che industriale?
“Il ruolo dell’idrogeno è complementare all’elettrico: a livello di sistema, compensa la difficoltà di stoccaggio di energia elettrica rinnovabile e a livello di singolo edificio, permette un investimento ridotto nell’adattamento infrastrutturale.
È interessante vedere come i progetti per l’uso dell’idrogeno si stiano moltiplicando in tutta Europa, in ragione del fatto che tale elemento presenti molti vantaggi per l’utente finale: da costi ridotti ad elevati livelli di comfort. Inoltre, l’idrogeno veniva usato già nel riscaldamento degli ambienti quindi è una tecnologia conosciuta e testata.”
4. A suo avviso i provider dell’energia svilupperanno altri combustibili “green”? Ci sono segnali di sviluppo in questo settore?
“Si, il biometano e il metano sintetico ci sono e sono già compatibili con gli impianti di riscaldamento più efficienti. Inoltre, questi tipi di gas verdi sono già considerati prioritari in alcuni mercati, quali quello francese. La Francia si è data, infatti, l’obiettivo del 10% di biometano nelle proprie reti gas entro il 2030.
Anche sul fronte del gasolio ci sono interessanti sviluppi: nel 2019-20 sono iniziati alcuni field test in diversi paesi europei come Belgio, Germania, Austria per l’utilizzo di oli combustibili green come il FAME (Fatty Acid Methyl Ester) o gli oli idrotrattati (per esempio da residui come gli olii da cucina usati). I field test finora completati hanno rilevato una completa compatibilità con gli impianti quali le caldaie a condensazione di questi green fuels.”
5. L’interconnessione tra i generatori e le reti di distribuzione dell’energia si realizzerà? Quali vantaggi potrebbe comportare?
“La catena del valore dell’energia, cioè produzione, trasmissione, distribuzione e settori di utilizzo, è interconnessa per necessità. Negli ultimi anni le collaborazioni fra questi settori si sono infatti intensificate.
Questo si spiega con la presa di coscienza che, per realizzare la transizione energetica, c’è bisogno di lavorare insieme a scenari futuri, alla compatibilità fra generatori e nuovi tipi di gas e olii combustibili, a delle roadmap che siano sincronizzate per evitare di rimanere bloccati dalla questione: chi viene prima, l’uovo o la gallina – cioè chi è pronto per primo? La rete o le tecnologie heating?”
6. I cambiamenti radicali che Lei ci ha descritto, quale impatto avranno sulla filiera distributiva a livello di installatore /manutentore/ utente finale? L’UE sta prevedendo adeguati strumenti a supporto del cambiamento tecnologico e culturale che avverrà nei prossimi anni e quale sarà il ruolo delle industrie di settore in questo scenario?
“Il ruolo dell’installatore/manutentore è chiave nella transizione energetica dell’edilizia. Un nostro recente studio, sul ruolo dell’etichetta energetica nel determinare la scelta del consumatore verso un nuovo sistema di riscaldamento, indica che è proprio l’installatore a definire la decisione del tipo di tecnologia che acquisteremo, molto più dell’etichetta stessa.
La Commissione Europea è al corrente ma, essendo il tema della formazione/istruzione un argomento a carattere nazionale, ritiene più opportuno al momento che siano proprio l’industria manifatturiera e le amministrazioni pubbliche – locali e nazionali – ad acquisire un ruolo centrale nella realizzazione di programmi per l’upskilling di installatori, manutentori e tecnici di questo settore. È una sfida, ma anche un’opportunità di crescita di una filiera a carattere molto locale.”